I mestieri spariti

Ranocchiara

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Ella catturava le prede lungo il corso dei torrenti, nei fossi o nei pantani, dove l’acqua era più limpida e dove i saltellanti anfibi commestibili erano più numerosi, li tramortiva battendo le loro teste su di un sasso e li riponeva in un paniere di vimini, detto nel gergo dei pescatori “Cerignolo”. Terminata la caccia, quando i ranocchi raccolti erano sufficienti per guadagnarsi una decente giornata, li spellava, li sbuzzava, li sciacquava pazientemente e ne formava mazzette da dodici esemplari da vendere la mattina del giorno successivo per le strade di Roma. I romani non è che fossero molto propensi a mangiare rane, ma il piatto era molto economico e la fame era tanta, benché con le rane non ci sia molto da sfamarsi. Tuttavia la “Ranocchiara” setacciava strada per strada i rioni della città al grido: “ranocchie io porto belle e delicate, ché dal pantano adesso l’ho cavate!”. Ancora, di tanto in tanto qualche “Ranocchiara” ambulante si affaccia nelle nostre città, ma ormai sono diventate rare come le mosche bianche.